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Comu veni Ferrazzano

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Esperimento scenico fra cunto e nuovi linguaggi

 

Dopo l’incursione poetica di Valerio Piga per Katarticon, il 13 settembre 2020, nell’ambito del Codex vol. 8, sul palco del Teatro Tina Di Lorenzo, piuttosto che al Convitto delle Arti a causa del maltempo, è andato in scena lo spettacolo “Comu veni Ferrazzano”. Dall’opera di Giuseppe Pitrè, di e con Giuseppe Provinzano, una produzione Babel in collaborazione con il Museo Internazionale delle marionette Pasqualino.

Lo spettacolo è il secondo capitolo della trilogia P3, ideata dallo stesso Giuseppe Provinzano e Petra Trombini per trasportare nell’oggi il patrimonio culturale tradizionale dell’antropologo siciliano Giuseppe Pitrè, restituendolo attraverso linguaggi scenici contemporanei.

La storia vede come protagonista Ferrazzano, alter ego di Giufà, tipico personaggio dei “cunti” siciliani, che narrerà delle storie. Sono 35 i “cunti” che Ferrazzano conosce: potrebbe raccontarli tutti fino a quando il pubblico ne avrà voglia, oppure solo alcuni. Quali non è dato saperlo: sarà il pubblico ad estrarre da due bisacce differenti il cunto da raccontare e una o più parole da inserire in esso. Riprendendo un gioco che ricorda quello delle antiche osterie, sfidandosi “a chi la racconta meglio”, Ferrazzano berrà un bicchiere di vino come premio per aver inserito tutte le parole in modo sensato nel suo racconto, lo offrirà, invece, al pubblico qualora non ci riuscisse. Per rendere il pubblico ancora più partecipe, Ferrazzano consegna una campanella ciascuno a tre persone tra il pubblico, che dovranno suonare, interrompendo l’attore, per sentire una delle sue tre confessioni personali; uno spettatore riceve invece due campanelle che dovrà suonare all’unisono per decretare la fine dello spettacolo con la tipica filastrocca siciliana: “U Re Bafè”.

“Comu veni Ferrazzano” è, a tutti gli effetti, un esperimento scenico che unisce la narrazione, il cunto e i linguaggi della performance contemporanea. Provinzano, con la sua interpretazione, si immedesima alla perfezione nell’alter ego di Giufà, contribuendo a diffondere parte della tradizione della nostra amata Sicilia. Il dialetto siciliano utilizzato nello spettacolo, riesce a coinvolgere gli spettatori con la sua enfasi e la sua comicità. Provinzano stesso afferma, infatti, che il miglior modo per trasmette gli insegnamenti che può impartire un cunto è utilizzando la lingua originale.

 

 

Valentina Gallo

Elena Bellavita

Classe IV A liceo classico

 

 

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