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Dall’IO al NOI, cosa ci dice il Sessantotto oggi

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La seconda edizione del “Festival del pensiero eretico”, organizzato da Niccolò Salvia e Le formiche del fuoco, si è aperta a Noto, in sala Gagliardi, alla presenza di tre illustri relatori: Roberto De Benedictis, Mario Capanna e Roberto Fai.

La seconda edizione del “Festival del pensiero eretico”, organizzato da Niccolò Salvia e Le formiche del fuoco, si è aperta a Noto, in sala Gagliardi, mercoledì 19 dicembre.

Per la prima giornata la presenza di tre illustri relatori: ROBERTO DE BENEDICTIS, MARIO CAPANNA E ROBERTO FAI.

La prima giornata ha visto la presenza dell’On. Roberto De Benedictis, nella funzione di moderatore, del prof. Roberto Fai e del leader del movimento giovanile del Sessantotto, On. Mario Capanna. Gli intervenuti hanno sviscerato la questione della contemporaneità del ’68 a vari livelli e con molteplici argomentazioni. Già Niccolò Salvia ha definito il ’68 “l’eresia globale”, l’atto di nascita dei “giovani” che esprimono l’ansia sociale in quel momento storico importante in tutto il mondo. L’assessora alle politiche turistiche del Comune di Noto, Giusi Solerte, ha sottolineato, nel suo intervento di saluto, l’importanza di quegli anni anche per i giovani di oggi che rimangono sempre “speranza di cambiamento”. Tutti i presenti siamo stati immersi nell’atmosfera di quegli anni attraverso la bella canzone di Roberto Vecchioni, “Formidabili quegli anni”, base musicale di un video realizzato dal documentarista Giovanni Di Maria.

Il Sessantotto per me – dice De Benedictis – è stato sempre il terremoto del Belice, le Olimpiadi di Città del Messico e i fatti di Praga. Perché non fu una passeggiata gioiosa, la gente pagò con la vita, ma è il più grande momento di partecipazione che il mondo abbia mai conosciuto”.

Come raccontiamo ai ragazzi e alle ragazze di oggi quei formidabili anni? Secondo il prof. Fai nel tempo della globalizzazione è necessario superare T.I.N.A. (there is no alternative) “non ci sono alternative”, o il presentismo immobilizzante, dobbiamo spezzare l’incantesimo che ci costringe a non vedere alternative rispetto al contemporaneo mondo fluido di Zygmunt Bauman. Discutere oggi del ’68, secondo Fai, è guardare a quella svolta epocale che considerava l’immaginazione lo strumento per eccellenza per sconvolgere il potere autoritario, istituzionale e del capitalismo dominante. Oggi è possibile? In un mondo in cui il potere non ha luogo né forma, cosa ci dice la generazione del ’68? Possiamo solo partire dai territori, dai luoghi in cui viviamo, e costruire “comunità” che superino la massa amorfa universalizzata dei social. Solo così sarà possibile una nuova eresia.

Mario Capanna ha definito il Sessantotto “la più grande rivoluzione culturale del mondo”. Culturalmente il ’68 ha vinto, politicamente no. Nessuno può negare che le grandi conquiste sociali e civili e il riconoscimento dei diritti siano frutto di quelle lotte. Oggi tutti coloro che pensano di avere vinto la battaglia contro il ’68, in realtà ci hanno messo di fronte alla “terza guerra mondiale a pezzi”, come dice Papa Francesco, alla questione ambientale, giunta alle soglie dell’irreversibile, e alla società dell’1%, in cui la ricchezza mondiale si trova nelle mani di 8 persone. Pensiamo, di fronte a questi problemi, che a risolverli saranno i governi? È necessario mettersi insieme, scoprire la possibilità del legame interpersonale, passare dall’IO al NOI. E poi il ’68, pur avendo al suo interno molte vittime, non ha mai ucciso nessuno, e ci confessa l’On. Capanna: “Dovete sapere che noi ci siamo divertiti un casino!”.

Per i giovani di allora è stato incredibile e bellissimo rendersi conto che insieme si stava costruendo il cambiamento. L’insegnamento più grande del ’68 è che c’è stato. Cambiare il mondo è possibile! Questa è la novità indistruttibile di quegli anni. “Il testimone passa a voi- conclude Mario Capanna- e io sono fiducioso!”.

La grande speranza di oggi, quando tutto sembra impossibile da modificare, è rappresentata dal risveglio che leggiamo in tanti piccoli eventi. Il mondo sta reagendo e sono sempre i giovani a suggerire il cambiamento. I gilet gialli francesi illuminano la scena di un mondo possibile e Greta, la quindicenne svedese che denuncia questo mondo adulto, in realtà infantile e cieco, ci ricorda che come si diceva nel ’68: “I grandi ci sembrano tali solo perché siamo in ginocchio: alziamoci! E cambia tutto!”.

Articolo di
Andrea BelluardoVB Liceo Scientifico
Carlotta Caruso, Flavia Casto, Guglielmo Di Maria, Nicoletta Fiore, Naomi Mirmina, Lorenza Risino, Alessia UcciardoVA Liceo Scientifico

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