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“Il palco è morto”, intervista al regista Carlo Genova e agli attori-cittadini

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"Il palco è morto", quell'incredibile occasione di incontro, di dialogo e di ricerca realizzata dal regista Carlo Genova del collettivo "Città Sommerse Teatro" assieme agli attori/cittadini nel giorno di chiusura del Codex Festival Vol.7.

La Residenza artistica “Il palco è morto” di Carlo Genova e di “Città sommerse teatro” è “un percorso finalizzato all’apertura artistica e sociale”.

Nella giornata conclusiva del Codex Festival Vol.7, domenica 15 settembre, presso il Convitto delle Arti, al termine della presentazione al pubblico dello studio condotto durante la residenza artistica “Il palco è morto”, abbiamo rivolto alcune domande al regista Carlo Genova del collettivo “Città Sommerse Teatro” e agli attori/cittadini Costantino Valvo e Angela D’Amico.

Lo spettacolo ha rappresentato il primo momento di un percorso finalizzato all’apertura artistica e sociale, alla creazione di uno spazio pubblico in cui la quotidianità diventi teatralità. Uno spazio che dia la possibilità di fermarsi a riflettere, estraniandosi per un attimo dalla realtà frenetica, monotona, ossessivamente ripetitiva nella quale viviamo e che al contempo dia la possibilità di fruire in maniera consapevole e con occhi diversi degli spazi che quotidianamente abitiamo.

A cosa si deve il titolo “Il palco è morto”?
Carlo Genova: È la commissione di due fattori, uno è un aneddoto abbastanza becero in realtà. Io e il mio collega di compagnia nella prima fase di lavoro di questo progetto ci siamo trovati in un teatro che non era aperto da mesi e quando salivamo sul palco sentivamo uno strano odore. Dopo due giorni abbiamo scoperto che sotto il palco c’erano topi morti e il palco era come se fosse la loro bara di legno. Ciò ha rafforzato la nostra forte repulsione per l’idea di uno spazio scenico teatrale chiuso e definito. “Il palco è morto” è la metafora, quindi, del nostro voler andare fuori dallo spazio scenico e spostarci in uno spazio cittadino.

Cosa ti ha spinto a progettare e dirigere questa residenza?
Carlo Genova, regista: Tante cose… innanzitutto una mia inclinazione, questa mia voglia di evadere dallo spazio della sala teatrale e la voglia di rivolgermi direttamente al pubblico, quindi ai cittadini, a coloro che fanno realmente teatro. E poi questa possibilità di tornare a Noto, seguire in sostanza quello che è il nome della nostra compagnia “Città sommerse di teatro”. C’era già in noi inconsapevolmente la volontà di lavorare sul territorio.  

Cosa comporta  recitare in una residenza artistica al posto di un teatro? Il pubblico deve essere già preparato a ciò che vede o può anche esserci un pubblico casuale?
Costantino Valvo, attore/cittadino: Il pubblico non deve essere assolutamente preparato, perché non si può ridurre tutto ad un solo punto di vista, si può offrire la possibilità di un punto di vista. Quanto a come ci si trovi a lavorare in una residenza artistica non ti so rispondere: è stato molto entusiasmante e divertente, perché tutto è nato spontaneamente a partire dalle nostre inclinazioni. Ciò mi ha dato la possibilità di esplorare cose che in altri laboratori non avevo avuto la possibilità di fare, parti di me che non avevo mai avuto la possibilità di esternare.Angela D’Amico, attrice/cittadina: La residenza è stata un momento liberatorio per me. Io lavoro veramente in banca (riferita alla rappresentazione) e il mio rapporto con i numeri non è proprio idilliaco, quindi questi momenti in teatro mi permettono di esprimermi, di respirare in maniera diversa. Ringrazio Carlo, era da tanto che aspettavo un laboratorio e sono contenta di averlo fatto. Ringrazio Costantino, nella residenza siamo stati 5 giorni e abbiamo avuto modo di scoprire non solo noi stessi, ma anche scoprire gli altri, i nostri e i loro difetti…

Il pubblico è sempre una sfida e mi piace anche molto guardare in volto le persone magari della prima fila: mi piace molto quando noi li guardiamo e le persone abbassano gli occhi perché non reggono lo sguardo e questa cosa è molto bella.

Intervista a cura di Chiara Basile
III A liceo classico

 

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