Sab. Apr 20th, 2024

RAELIOGGI

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 L’ironico e dissacrante racconto di Giuseppe Massa sul tema dell’emigrazione.

A Noto, Codex Festival 8 ospita lo spettacolo “MIRACOLO”, lavoro di grande impatto che ci immette

, con un umorismo dolente, nella tematica attualissima dell’accoglienza e dell’integrazione.

Sabato 12 settembre, gli eventi del Codex Festival, a partire dalle ore 21:00, hanno avuto luogo nello spazio del Teatro Noto d’Estate.

La serata è stata inaugurata dall’ OPEN ACT Katarticon che ha visto il giovane Andrea Saitta interpretare un suo breve e divertente monologo.

Alle 21.15 è andato in scena “Miracolo”, spettacolo scritto e diretto da Giuseppe Massa, con Glory Arekekhuegbe, Paolo Di Piazza, Marco Leone.

Scene e costumi Mela Dell’Erba

Luci Michele Ambrose

Suono Giuseppe Rizzo

Produzione Sutta Scupa

La piéce affronta in maniera ironica e paradossale il dramma dell’emigrazione attraverso il Mediterraneo.

La scena si apre con le urla di una donna di colore, Glory Arekekhuegbe che, con il grembo   avvolto da una plastica trasparente, partorisce una bara all’interno della quale si trova il corpo defunto di un uomo, anch’esso di colore. Spetta ai due becchini, Bernardo, interpretato da Marco Leone e Antonio, interpretato da Paolo Di Piazza, seppellire per ordine del sindaco del loro paese, il corpo dell’uomo. I due protagonisti, che parleranno per tutta la durata dello spettacolo in uno stretto dialetto palermitano, si trovano ad affrontare una situazione grottesca che cercheranno di risolvere.

Il problema, che costituisce il punto chiave intorno a cui ruota l’intera vicenda comica, sorge nel momento in cui i due uomini scoprono non solo che al cimitero rimangono esclusivamente due posti liberi che saranno occupati, un giorno, proprio dai loro corpi ma che non è possibile portare la bara nel paese vicino perché è necessario che il cadavere venga seppellito laddove è morto.

A questo punto devono necessariamente liberarsi del corpo dell’uomo, che col trascorrere del tempo diviene sempre più un peso, ma ogni soluzione avanzata viene subito bocciata: non può essere buttato in mare perché eventuali pesci, mangiati, potrebbero contenere parti di quel cadavere, non può essere  bruciato perché i pompieri, ritrovando il corpo non ancora del tutto carbonizzato potrebbero capire di chi si tratta; e non può neppure essere gettato da un alto monte, perché il cadavere verrebbe raccolto dagli abitanti della città e sarebbe possibile informare il sindaco del cattivo lavoro da loro svolto.

Pensano perfino di tagliare a pezzi il corpo con un seracco o con una sega elettrica e di metterli all’interno di un grande sacco, ma anche questo rimedio risulta poco efficiente e non molto utile a risolvere il problema. Poi, all’improvviso, credendo di avere visto il morto muoversi, come “per miracolo”, per compiacerlo e convincerlo a morire a casa sua, cantano e ballano musiche della sua regione, ma invano.

Alla fine, stremati, i due mangiano un’aringa affumicata, fumano una sigaretta elettronica, bevono, fantasticano di viaggi sulla Luna o su Marte, decidono di voler essere alberi, poi si addormentano per terra, accanto alla bara.

Ed ecco torna sulla scena la donna di colore che accarezza i loro volti in una atmosfera onirica.

Profondo il significato dell’intera rappresentazione che affronta il fenomeno dell’emigrazione, un fenomeno di cui tanto si discute in maniera divisiva, con l’intento di evidenziare, seppur con tragica ironia, la disumanizzazione progressiva della nostra società.

 

 

Asia Cappello

Classe V A liceo classico

 

 

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