Gio. Apr 25th, 2024

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Miriam Scala, “Cosa ci direbbe Shakespeare sul rapporto padri-figli con gli strumenti di oggi?”

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Netina, diplomata all'Accademia Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, segni particolari: una bellezza che colpisce e una passione che contagia. E' Aurora Miriam Scala, attrice molto apprezzata in città che abbiamo incontrato al Codex Festival, in occasione della residenza artistica del regista Orazio Condorelli, "The Parents, primo studio sulla paternità".

Netina, diplomata all’Accademia Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, segni particolari: una bellezza che colpisce e una passione che contagia. E’ Miriam Scala, attrice molto apprezzata in città che abbiamo incontrato al Codex Festival, in occasione della residenza artistica “The Parents, primo studio sulla paternità“.

Da attrice, com’è recitare in una residenza artistica?
In realtà la residenza artistica è un prototipo, un semino, di quello che sarà lo spettacolo, che è la pianta compiuta. La residenza serve a tracciare la strada da percorrere, quindi diciamo che in questa fase ci possiamo permettere, fra virgolette, di sbagliare; premesso che a teatro più sbagli meglio è, perché dall’errore vengono più idee… e noi in questa settimana abbiamo dato sfogo a tutti gli sbagli possibili, ben supportati da Orazio, un regista che fa lavorare moltissimo gli attori, in modo da dare spazio a tutta la loro creatività. In seguito, coglie ciò che di buono dalle nostre improvvisazioni si fa e crea. Tu hai visto una performance di venti-venticinque minuti dopo appena cinque giorni di prove. Questo è un prototipo vero e proprio di quello che potrebbe essere un intero spettacolo che trae spunto da Re Lear di Shakespeare, quindi è, diciamo, Re Lear 2.0.
Abbiamo cercato di rispondere alla domanda: “Che cosa ci direbbe Shakespeare sul rapporto padri-figli con gli strumenti di oggi? Con le immagini che vediamo oggi?” Quindi ti posso dire che abbiamo fatto un lavoro pazzesco leggendo i giornali, scavando anche nella nostra vita, non soltanto la nostra vita privata ma sulle vite di chi ci circonda e di chi conosciamo. Quindi dentro quello che tu hai visto c’era una finta verità.

Secondo te, si potrebbe riuscire ad ottenere lo stesso risultato con attori amatoriali?
Mi fai una domanda che per me è molto importate. Io ti posso dire di no, per un motivo molto semplice: quando si fa questo mestiere, questo mestiere si sceglie, si sceglie ogni giorno, 24h su 24h. Ci si prepara per farlo, non si può fare contemporaneamente il commercialista e l’attore, una volta a settimana fai l’attore e poi durante la settimana sei un commercialista. O sei un attore o non lo sei. Lo devi praticare ogni giorno, è il tuo lavoro. Potrei io staccarti un molare se tu l’avessi cariato? No. Perché non sono laureata in medicina. Potrei io mettere su una casa? No. Perché non sono laureata in ingegneria. Posso io permettermi il lusso di salire su un palco se lo faccio una volta ogni tanto? No. E’ il mio pane, lo devo vivere ogni giorno. Io l’ho scelto, e finche’ potrò avere l’opportunità di farlo lo continuerò a fare, ma ho studiato dodici ore al giorno tutti i giorni: il sabato, la domenica, a Natale, il primo di maggio. Quando gli altri si riposavano io lavoravo, ho fatto l’accademia e tutt’oggi il mio lavoro occupa tutto il mio tempo. Grazie per questa domanda, perché è importante dire che questo è un mestiere e che bisogna studiare per farlo, esattamente come tutti gli altri mestieri.

Perché avete scelto il tema della paternità? C’è qualcosa che, in particolare, ti ha toccato nel recitare questa pièce teatrale?
Si. Perché chiaramente ognuno di noi ha un equilibrio precario con i propri genitori. Credo che nella fase della vita che state attraversando l’adolescenza, sia ancora più difficile, perché è un momento molto, molto conflittuale che durerà a vita, ma ci saranno momenti in cui improvvisamente vi si aprirà il cuore e la mente e vedrete i vostri genitori come uomini e donne, non come “intoccabili” perché mamma e papà non possono sbagliare. Capirete che, invece, che hanno il diritto di sbagliare, perché non c’è il manuale del buon genitore, sono esseri umani e li vedrete come tali. Io ho trent’anni e ho cominciato a capire solo negli ultimi tre-quattro anni che il mio papà e la mia mammà non sono perfetti, ma sono esseri umani che hanno cercato di fare il meglio per me. Questa residenza mi ha toccata intimamente, spingendomi a riflettere ancora di più sul rapporto privato mio, con i miei genitori e in particolar modo con mio padre; perché di questo si tratta, del rapporto col papà, e abbiamo qualcosa da dire.

Intervista di Annarita Mollura
III A liceo classico

 

 

 

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