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I volti della mafia. Entità magmatica pronta ad adattarsi a qualsiasi situazione, anche alla pandemia

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Domenica 9 maggio, ad Agrigento, si è svolta la cerimonia di beatificazione del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990, a soli 38 anni. Il cardinale Marcello Semeraro, nel delinearne il profilo, ha sottolineato il fatto che si tratta del primo magistrato beato nella storia della chiesa cattolica. La sua passione per la giustizia si era manifestata subito, quando, fresco e giovanissimo magistrato, decide di occuparsi di criminalità mafiosa, di tangenti e corruzione. È stato uno dei primi giudici a interrogare politici sospettati di collusione con esponenti mafiosi. Un uomo sprezzante del pericolo e devoto alla giustizia. Lontano dai riflettori, non ha mai rilasciato nemmeno un’intervista. Infatti, i colleghi lo ricordano come riservato e scrupoloso nel verificare le indagini, aggiornato su tutto, insomma un modello esemplare a cui tutti i magistrati dovrebbero ispirarsi e da cui noi tutti dovremmo trarre insegnamento.

Il suo, purtroppo, non è che uno dei tanti nomi delle vittime di mafia. Quel fenomeno così diffuso e radicato nella nostra società, come dimostrano i dati: circa il 45% delle detenzioni proviene da questo tipo di reati. Spesso commettiamo l’errore di associare la mafia alla criminalità del Sud Italia. Invece la mafia non esiste solo nel Bel Paese, è un fenomeno globalmente diffuso, basti pensare alla mafia russa, alle “gang” americane, al cartello della droga in Sudamerica o alla Yakuza in Giappone. Tra le attività illecite di queste forme di criminalità organizzata le più diffuse sono proprio i grandi traffici internazionali di droga, riciclaggio di denaro sporco, racket ed estorsione.

Un altro fenomeno illecito oggi abbastanza diffuso è quello delle ecomafie che gestiscono lo smaltimento di rifiuti tossici. Questo fenomeno danneggia gravemente l’ambiente e la vita delle persone che vivono nei pressi delle discariche illegali, solo qui in Italia il 23% dei criminali pratica questa attività.

È risaputo il fatto che la mafia sfrutta le disgrazie altrui. Infatti, durante la pandemia, le mafie si sono arricchite approfittando della grave situazione economica che ha colpito molti imprenditori, alcuni dei quali hanno chiesto aiuto a criminali, ritrovandosi coinvolti in circoli viziosi illegali. Inoltre, la situazione pandemica, secondo alcuni, ha favorito contatti tra possibili esponenti di queste organizzazioni e membri del governo. Sono stati numerosissimi gli incarichi affidati a presunti criminali per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e il riciclo di rifiuti farmacologici. C’è chi ha addirittura provato a mettere le proprie mani nella distribuzione dei vaccini. Riflettiamo su questo. Dinanzi a qualsiasi difficoltà, ogni tipo di contatto con le mafie deve essere evitato.

Quali possono essere le soluzioni? Alcuni ritengono che per combattere la macrocriminalità, occorra prima sconfiggere la microcriminalità, i reati minori, molti dei quali sono commessi da coloro che si trovano in una difficile situazione economica, come la povertà e la disoccupazione. Per prevenire questi crimini occorre sicuramente l’azione dello Stato, che dovrebbe aiutare chi si trova in condizioni economiche precarie. Altri tipi di reati minori, come il vandalismo, piccoli furti e violenza gratuita sono commessi soprattutto da giovani.

A tal proposito è necessario l’intervento della scuola, che ha il dovere di sensibilizzare studentesse e studenti. E la scuola, bisogna ammetterlo, costruisce consapevolezza e riflessioni anche attraverso i temi di educazione civica, fondamentali per la formazione di cittadine e cittadini attivi e responsabili, per comunità fondate su relazioni sociali ed umane.  L’esempio del giudice Livatino, che ha amato la giustizia fino al martirio, è certo un forte stimolo per noi a credere nei valori più profondi dell’uomo. “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”, quanta verità nelle parole del giudice Paolo Borsellino. Che siano monito per noi.

Luciano Masini e Vincenzo De Luca

IIIA Liceo Scientifico

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