Lun. Apr 29th, 2024

RAELIOGGI

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Le due facce della stessa medaglia

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Questa che sto scrivendo, è una lettera priva di destinatario, o meglio, forse le parole messe qui, nero su bianco, sono indirizzate in qualche modo a me stessa. Non ne sono ancora sicura, e tutto ciò si deve al fatto che io stia digitando sulla tastiera perché colta da un momento d’ispirazione, e si dà il caso che io riesca a esprimermi in questa maniera, solo se vi è qualcosa che mi spinge a farlo, e quel qualcosa, nella stragrande maggioranza delle occasioni, è un’emozione, bella o brutta che sia.

A tal proposito, la situazione in cui ci troviamo oggi, è certamente portatrice di sentimenti contrastanti per ogni essere vivente sulla faccia del pianeta terra:

le nostre vite monotone sono state sconvolte da un virus, che ci ha messi in ginocchio e non ha avuto alcuna pietà, mostrando ancora una volta come l’uomo, nonostante possa sentirsi invincibile e inarrestabile, in realtà possa essere buttato giù dalla cosiddetta madre natura, colei che infin dei conti governa su qualsiasi cosa, e nei confronti della quale noi rivestiamo solo il ruolo di ospiti.

Lo ripeto, è molto intrigante studiare le reazioni degli esseri umani dinanzi quest’avvenimento che ci segnerà a vita, ed io ho “esaminato” ciò che a me, e ai miei cari, ha comportato questo nuovo modo di vivere.

Al contrario di quanto si possa pensare, io ho sempre adorato passare le mie giornate in completa solitudine, in compagnia della mia persona, che è sicuramente l’amica più cara e al contempo la nemica più acerrima che posseggo. Dunque, potrei affermare che il periodo di “reclusione” non è stato parecchio gravoso per la sottoscritta ma ciò non è del tutto vero.

Come capita, in ogni periodo della nostra vita vi sono alti e bassi, e lo trovo giusto, ma rivolgendo lo sguardo a quanto trascorso recentemente, è inutile negare che mi sale un nodo alla gola.

Mi verrebbe di dire che sia stato un susseguirsi di “bassi” e basta, però, forse la verità è che quello non fosse in generale un bel momento, indipendentemente dalla quarantena e quant’altro, poichè ripeto che il lockdown, a differenza di molti, non ha costituito per me il motivo del malessere.

Al contrario, è stato ed è un pretesto che mi ha permesso di “smaterializzarmi”, di chiudermi nella mia camera a riflettere su tante cose che alle volte lasciavo scorrere proprio per timore che potessero trascinarmi in quel vortice di tristezza, in cui inevitabilmente sono finita.

Ecco, in verità, passavo già tutto il mio tempo a rimuginare, ma venivo sempre riportata in superficie, metaforicamente parlando, da quei piccoli momenti di gioia che un pomeriggio in ufficio dai miei due zii e mia madre potevano darmi.  Dunque, se dovessero chiedermi da quanto tempo io abbia iniziato ad avvertire quest’immane senso di incertezza e di abbandono, non saprei esattamente cosa dire.

Il tutto s’è poi tramutato in un vuoto lacerante, forse la sensazione più brutta che abbia mai avuto modo di provare. L’apatia, il non sentire più nulla per nessuno, l’essere completamente assente è stato ancor più spaventoso della tristezza; non ho fatto altro che interrogarmi, chiedermi cosa ci fosse effettivamente che non andasse, senza trovare nessuna risposta, solo tante ipotesi in attesa che passasse.

Da un punto di vista scolastico, devo dire di essermi tolta un gran peso, e non certamente in senso negativo, o non saprei. Ecco, le persone che riescono a far funzionare la grande macchina che è la scuola, standovi all’interno e curando ogni dettaglio, sono come una miniera d’oro per me che amo scoprire.

A me piace “studiare”, “conoscere”, coltivare ”i saperi” anche se i miei primi due anni di liceo non li ho vissuti al massimo, ancor di più il secondo che è stato devastante sia a livello fisico e specialmente psicologico.

Uno dei miei più grandi difetti è fuggire dalle situazioni che mi mettono in difficoltà, anziché affrontarle anche se è qualcosa che odio, che sempre mi rimprovero, ma che ancora mi capita fare.

Ecco perché, a volte, mi è capitato di fare diverse assenze, ingiustificate agli occhi degli altri, ma per me esse avevano un senso in quanto mi permettevano di sentirmi al sicuro, lontano da coloro che io consideravo dei pericoli -tutta la gente esistente, fatta eccezione per qualcuno.

Potrà pure sembrare stupido ed esagerato, ma è ciò che io, sicuramente ingenua

e inesperta ho vissuto. È stato un susseguirsi di eventi, di emozioni, sia a scuola, che nella vita di tutti i giorni e su tutto, la paura terribile di esporsi, di fare una semplice interrogazione, di rivolgere la parola ad un mio compagno, l’essere vista magari con occhi un po’ diversi, l’essere associata ad un voto che non caratterizza assolutamente la mia persona, essere paragonata continuamente agli altri. E’ stato certamente straziante e non poco. A me cosa è rimasto, oggi? L’immensa paura persiste, assolutamente, ma cerco di non dargliela vinta, sfido me stessa ed esco dalla mia “comfort-zone”.  Ulteriore domanda più che lecita: perché tutto questo? Non ne ho la minima idea, posso solo, nuovamente, fare tante ipotesi.

Il lato positivo, anzi, i vari lati positivi, che cerco di trovare in ogni cosa, sono molteplici: sono maturata tanto, cresciuta, cambiata molto, ho imparato dai miei sbagli, e continuerò sicuramente ad errare, e ciò significa che imparerò ancora.  Attualmente sono soddisfatta del mio nuovo percorso, nonostante io provi ancora insicurezza, ho altresì una gran voglia di fare, e spero che questo atteggiamento possa prevalere. Sto migliorando me stessa, sto plasmando man mano la persona che un giorno mi renderà fiera, e non so se ci sto riuscendo, ma qualche piccolo miglioramento lo trovo.

Mentirei se dicessi che scrivere tutto ciò non mi metta a disagio, anzi, mi terrorizza rendermi così vulnerabile dinanzi agli occhi degli altri che potrebbero giudicare e sparar sentenze su cose a me tanto care. Mi dà come la sensazione che io stia scoprendo una ferita ancora aperta, con l’angoscia che qualcuno possa allargarla e peggiorarla ulteriormente, ma voglio provare ad aprirmi ed avere fiducia in me e negli altri.

Ecco, forse questo periodo di “chiusura” così generalizzato mi ha fatto capire che tutti siamo fragili e che stare da soli non aiuta e non migliora il nostro essere.

Non credo di avere più nulla da dire, per il momento ho prosciugato tutte le mie risorse.

 

Una studentessa del liceo classico

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