Lun. Apr 29th, 2024

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Intervista a Salvatore Tringali, direttore artistico del Codex Festival

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A tu per tu con Salvatore Tringali, sovrintendente della Fondazione Teatro Tina Di Lorenzo e direttore artistico del Codex Festival.

Qual è l’idea di fondo di questa edizione di Codex?
Il focus della manifestazione è costituito dalle residenze artistiche, che in questa edizione saranno due: una aperta ai cittadini e un’altra riservata ad attori professionisti. Le residenze costituiscono uno spazio nel quale artisti, attori, registi possono dialogare tra di loro e con la comunità cittadina che li ospita. Codex vuole incontrare e confrontarsi con i giovani e con tutti coloro che amano l’arte per diffondere la cultura, l’amore per il teatro contemporaneo e formare il futuro pubblico del nostro teatro. Codex è il linguaggio della contemporaneità.

Quali sono le caratteristiche di una residenza artistica e quali le differenze con lo spettacolo finale?
La residenza è propedeutica allo spettacolo; è un’ipotesi di spettacolo. Molta parte del teatro contemporaneo si basa su registi/autori che lavorano con i “loro” attori, cioè con professionisti che conoscono e con i quali scrivono i testi. Hanno pertanto bisogno di uno spazio comune nel quale provare, costruire, cancellare e riprovare. E la prima fase di un lavoro che continuerà fino alla rappresentazione finale in cui può non esserci nulla di quanto è stato fatto in precedenza, almeno in apparenza. In realtà, ciò che rimarrà è il lavoro fatto. Un po’ come per voi studenti: se avete letto un testo una volta o dieci volte verrà fuori durante l’interrogazione.

Codex è comunicazione e linguaggio, come una residenza artistica comunica e cosa comunica al pubblico?
Codex vuole essere un linguaggio della contemporaneità, è molto difficile comprendere tale linguaggio ma l’importante è comunicare. Io trovo molto interessante e valido il tentativo portato avanti dalla residenza di Carlo Genova, e non perché io sia coinvolto direttamente come attore, bensì perché da operatore culturale, reputo importantissimo lavorare con i netini. In questo modo si crea una coscienza civica e culturale, si forma un pubblico giovane ed è bello che la nostra città sia ricca culturalmente a differenza di altri territori.

Il pubblico che assiste ad uno spettacolo deve essere preparato o no?
E’ una domanda che interessa tutto il teatro contemporaneo. Il drammaturgo Mimmo Borrelli, ospite del nostro festival, afferma che gli spettacoli di oggi non si devono capire perché assisteremmo a degli spettacoli “borghesi” e ricorda che il nonno che amava assistere all’opera, al termine dichiarava: “Non ho capito ma ho sentito”.
Io penso che categorie del genere siano ormai superate ma sono fermamente convinto che la finalità del teatro sia soprattutto quella di comunicare emozioni, del resto lo stesso Borrelli dice che il teatro non è un luogo per capire ma per sentire. Rispondendo, dunque, alla vostra domanda ritengo che non sia importante che il pubblico sia preparato o meno. E’ importante che attori e registi siano “preparati” e sappiano trasmettere emozioni.

Articolo a cura di
Francesco Landogna III B liceo classico
Erika Fidelio III A liceo classico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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