Ven. Apr 26th, 2024

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Leggere Pirandello ai tempi del coronavirus

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Alla ricerca della lanterna perduta: la filosofia pirandellina applicata da uno studente del Raeli alla società ai tempi del coronavirus.

Nel XIII capitolo del romanzo “Il fu Mattia Pascal”, Pirandello, dando voce al personaggio di Anselmo Paleari, introduce la propria riflessione sul relativismo contemporaneo, definendola lanterninosofia.

Egli spiega come l’uomo, a differenza dell’albero o qualsiasi elemento della natura che vive e non si sente, percepisce di vivere. Ed è un tristo privilegio quello di sentirci vivere, poiché ci porta al rifiuto di vedere la realtà come una questione oggettiva e alla subordinazione di essa alla nostra sensibilità, cioè a quello che si riesce a vedere, toccare, sentire, escludendo ciò che invece va oltre la ragione. È questo il lanternino di cui parla Paleari: ogni uomo ha una propria lanterna; ogni lanterna illumina un piccolo anello intorno a noi, talvolta colorandolo e distorcendolo.

Il lanternino è la vita stessa, e la luce che esso genera è la realtà, tutto ciò che l’uomo riesce a comprendere e ci permette allo stesso tempo di distinguere il bene dal male. Oltre il nostro anello di luce c’è il buio, che va oltre ciò che vediamo, il luogo dell’inconcepibile e del caos. Così la luce e il buio si possono paragonare al fenomeno e al noumeno di Kant: la luce, cioè il fenomeno, è la realtà tangibile dall’uomo; il buio, cioè il noumeno, è una realtà esistente ma che l’uomo, per mancanza di volontà o per incapacità, secondo Pirandello, non comprende e spesso rifiuta. In realtà, quel buio di cui l’uomo ha tanta paura non esisterebbe se non esistesse la luce generata dal lanternino, ed esisterà finché avrà così tanta paura da aggrapparsi a quella luce, che andrà a ricaricare fino alla fine dei suoi giorni.

L’uomo ha il terrore di guardare oltre, preferisce accontentarsi di una realtà incerta e distorta, indotta spesso dal periodo stesso in cui vive. Non esistono, infatti, solo i lanternini, ma anche i lanternoni, che sono i termini astratti, Verità, Virtù, Bellezza, Onore, che hanno tanti colori diversi, che Paleari collega anche ai periodi storici: il rosso alla Virtù pagana, il violetto deprimente alla Virtù cristiana e così via. Ed è lì che si avvicinano gli uomini, dove c’è più luce, non riescono a stare lontani, chissà se per paura, pigrizia o incapacità. Nei momenti, poi, in cui manca un lanternone a cui appigliarsi, l’uomo è costretto a brancolare nel buio, latitando alla ricerca di una nuova luce. Va indietro, va avanti, cerca di illuminare la propria lanterna “rubando” luce dalle lanterne perpetue di gente già morta. Sono questi, secondo Paleari, i momenti di gran confusione che corrispondono al passaggio tra un’epoca e un’altra.

Oggi questi passaggi si avvicendano sempre più spesso e sempre più rapidamente. L’utilizzo dei social media permette una diffusione talmente rapida di tendenze – i lanternoni, appunto – che ogni settimana ci si ritrova di fronte a qualcosa di nuovo e si dimentica immediatamente ciò che ci è stato proposto poco prima. Basti pensare ai nostri atteggiamenti di fronte alla rapida diffusione del coronavirus: se fino a qualche settimana fa era solo un pretesto di facile ironia scaramantica, oggi è diventato motivo di forte sensibilizzazione e preoccupazione verso il problema, di cui abbiamo paura perché, a dirla con Paleari, è l’ombra nera, incomprensibile e inquietante. I nostri lanternini adesso impazziscono alla ricerca di sicurezza. Ma i lanternoni fanno sempre meno luce e hanno un ciclo di vita sempre più breve.

Noi tutti rimbalziamo da una lanterna all’altra, alla continua ricerca di un appiglio, e ora più che mai, in questo periodo difficile in cui siamo costretti a navigare nel buio, abbiamo bisogno di una nuova lanterna che possa colmare la necessità di una luce più forte, più duratura. L’uomo non sa, non può ancora adeguarsi, continua ad avere paura del buio. D’altronde è sempre stato e sarà sempre difficile rassegnarsi alla realtà della vita. Sogniamo tanto, speriamo in una vita ultraterrena ed eterna, inventiamo dei e religioni che meglio si possano conformare alle nostre volontà e ai nostri desideri, divinità che prima creiamo e poi uccidiamo, come Nietzsche insegna. È inaccettabile che la vita sia inutile, che non esista uno scopo e che l’uomo sia semplicemente un animale dotato di intelletto. Vivere con questo pensiero diventa talvolta impossibile. Ma forse è solo il destino dell’umanità stessa. Una parte di noi si accontenta di vivere tanto per vivere, alimentando il proprio lanternino quanto basta per arrivare alla morte; un’altra parte non si accontenta e cerca di scoprire ciò che non sa, cioè l’universo e tutto ciò che c’è oltre. Scava nel buio alla ricerca di una nuova luce; ma lo stesso scavare è in realtà la luce di cui abbiamo bisogno. E quando -e se- l’uomo finirà di scavare, sarà lì forse che capirà la verità. A quel punto non gli resterà nulla, se non la competizione, altro motore che alimenta le dinamiche umane, che porrà fine inesorabilmente al genere umano. Sempre che non sia già destinato a finire prima per qualche catastrofe, magari un nuovo big bang che darà vita a un nuovo ciclo, o semplicemente il rifiuto di madre terra di sopportare una specie presuntuosa e arrogante che pensa di dominare tutto e tutti attraverso la sua forza distruttiva. E allora non basterà a salvarci alcuna quarantena.

Articolo di
Fabio Gallo VA Liceo Scientifico

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