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Καιρός- QUALE IDENTITA’? Intervista al professor Paolo Randazzo

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Il Primato Netino ha intervistato Paolo Randazzo, uno degli organizzatori della manifestazione Καιρός che si concluderà il 23 marzo.

La V edizione del festival culturale Καιρός è già partita e, anche quest’anno, offre alla capitale siciliana del barocco un calendario ricco di incontri con importanti personalità del panorama culturale contemporaneo. Il Prof. Paolo Randazzo, critico teatrale e docente di lettere al liceo classico di Noto, ci ha guidati in un’interessante riflessione sulla contemporaneità e sul nostro territorio partendo dal concetto di identità, tema della manifestazione culturale di quest’anno.

La prima edizione di Καιρός risale al 2014: qual è la genesi di questa manifestazione culturale?

«La genesi è semplice: io e il preside Corrado Spataro abbiamo fondato un’associazione culturale, che si chiama le “Rotte di Ulisse” e che opera sostanzialmente su Noto. L’idea iniziale era quella di occuparci di arte contemporanea e di fotografia, poi abbiamo capito che, in una città come Noto, comprendere la bellezza sensibile dei beni artistici e architettonici non può che significare lavorare sul pensiero ad essi retrostante. Bisogna accompagnare allo studio della bellezza sensibile, dell’architettura e dell’arte, lo studio e la consapevolezza delle forme di pensiero che la sostanziano, della filosofia, della spiritualità».


Quali tematiche avete trattato nel corso di questi anni?

«La prima edizione, una sorta di numero zero, è stata caratterizzata da una riflessione sulla bellezza e sul pensiero, mentre nella seconda edizione abbiamo affrontato il tema dell’alterità, dell’incontro con l’altro, che è tipico della contemporaneità. Il terzo, invece, è stato l’anno delle “geografie” e della riflessione su come cambia la percezione del territorio e dello spazio e se ciò sia dovuto a strumenti tecnici più importanti o ad una mutata percezione dell’uomo. Il quarto anno abbiamo trattato il tema del potere nelle sue declinazioni politiche, religiose, filosofiche, interpersonali».


Quest’anno Καιρός prevede dodici incontri: qual è il denominatore comune?

«Quest’anno il tema generale è l’identità, ovvero il completamento speculare del tema della seconda edizione: l’alterità. Lo abbiamo scelto in un momento storico in cui l’identità ha un valore politico esclusivo, urgentissimo e spesso torna ad essere motivo di guerre tra gli uomini. Sorgono anche nuove domande sull’identità di genere, (tema su cui si basa la conferenza del 7 marzo tenuta dalla docente universitaria Alessandra Falzone). L’incontro del 27 febbraio, sulla “Philosophy for children”, è stato un altro incontro molto interessante: in una realtà che guarda alla filosofia e alle materie umanistiche come materie obsolete da sostituire con le scienze esatte, abbiamo la possibilità di riflettere su quanto abbia influito sulla costruzione della nostra identità culturale e proporre addirittura di abbassare l’età in cui si comincia ad apprenderla. Se la prima delle lectiones magistrales ha visto la presenza straordinaria di Giulio Giorello, la seconda e la terza saranno rispettivamente di Alberto Melloni e di Caterina Resta. Melloni, storico della chiesa di grande rilevanza, s’interroga sul tema del pluralismo religioso: l’Italia e l’Europa sono terre strutturalmente cristiane, ma è molto probabile che nei prossimi decenni il pluralismo religioso sarà sempre più presente come sostanza della cultura occidentale e ci saranno musulmani europei e non solo nordafricani e asiatici. Si diffonderanno anche il buddismo e altre forme di religione, quindi il tema della molteplicità religiosa non può essere eluso nella dimensione della costruzione di una nuova identità. L’ultima lectio magistralis sarà della professoressa Resta, docente di filosofia teoretica dell’università di Messina, e affronterà il tema delle nuove identità politiche e di come queste si costruiscano attraverso i media e le nuove tecnologie. In programma c’è poi Maryam, il 17 marzo, uno spettacolo teatrale realizzato dal “Teatro delle albe” di Ravenna, una tra le prime compagnie della ricerca teatrale italiana. È un lavoro interessante, in quanto si tratta di una riflessione sulla figura di Maria a partire dall’esperienza delle donne musulmane e dalla guerra in Palestina».


Alla luce del nostro contesto storico in cui si avverte una crisi del concetto di identità a diversi livelli – politico, sessuale e religioso – ritiene che smontare alcuni paradigmi possa essere una spinta verso il progresso o la retta via verso il precipizio?

«Penso che possa rappresentare un percorso di consapevolezza e di miglioramento: l’importante è che lo si faccia in buona fede e avendo fiducia nel valore dell’uomo. Ad esempio: è chiaro che il modello della famiglia tradizionale non risponde più, o risponde sempre meno, alla realtà delle persone.  Non è un modello che va abbattuto, ma nemmeno può diventare una gabbia all’interno della quale costringere le vite di moltissime persone che non lo accettano o non possono più accettarlo. Ecco, il modello della famiglia tradizionale possiamo amarlo, possiamo provare a tutelarlo, ma non dobbiamo trasformarlo in un totem, non abbiamo il diritto di considerare “male” quanto accade fuori da quel modello e men che meno dobbiamo commettere l’errore, moralista, di  proiettare tutto il bene nel passato e non lasciare niente di buono nel presente e nel futuro».


Qual è il rapporto con il territorio? Crede che il successo sia dovuto anche alla città di Noto?

«Il successo di questa manifestazione è certamente legato a Noto. Noto, per la sua secolare tradizione ha una consapevolezza culturale più pronunciata rispetto alle altre città del territorio e dell’intera regione Sicilia. Però dobbiamo aprirci, invitare persone che non siano solo di Noto e del circondario, persone che ci possano dare punti di vista nuovi. Per quanto riguarda i rapporti con il territorio occorre dire innanzitutto che la Chiesa diocesana è un partner straordinariamente attento, colto e aperto. Ci ha offerto una quota economica e, in più servizi, per gli ospiti senza mai aver chiesto di invitare filosofi e studiosi più o meno allineati col pensiero della chiesa. L’unico punto che deve essere sviluppato maggiormente è la comunicazione verso gli insegnanti di religione e i catechisti, in modo da coinvolgerli di più. Ma questo vale in generale per tutti i cittadini. Ci sarebbero anche i comuni limitrofi che sicuramente potrebbero essere dei partner importanti, ma non adesso perché pensiamo che prima bisogna consolidare l’immagine del Festival e poi si può sviluppare l’idea – di certo positiva – di allargarlo ai paesi vicini come d’altro canto avviene con il festival della filosofia di Modena-Carpi-Reggio. Poi c’è il Consorzio Universitario Mediterraneo Orientale (Cumo): un ottimo contatto col territorio perché ci indica alcuni studiosi che afferiscono all’università di Messina, perché è una importante infrastruttura culturale e perché ha subito capito i valore della nostra manifestazione. Tutto questo vale anche per l’Istituto di Scienze religiose San Metodio, che ci ha fornito biblisti e teologi, per l’Istituto religioso San Paolo e per il Collegio Siciliano di filosofia. Infine sono della partita l’Accademia di Belle Arti di Catania, che ci ha aiutato in alcune mostre, e la Fondazione Teatro di Noto con cui quest’anno abbia ulteriormente stretto un proficuo rapporto di collaborazione. Abbiamo anche delle aziende locali che ci fanno da sponsor: si tratta di un aspetto interessante, anche se ancora poco sviluppato. Secondo noi la fruizione dei beni culturali può diventare un momento di sviluppo economico a partire da due meccanismi: il primo è l’attenzione alla contemporaneità, a quelle orrenti di pensiero e a personalità che sono in grado di connetterci con il mondo; il secondo meccanismo prevede che queste cose si organizzino con strumenti di managerialità e di comunicazione assolutamente moderni. Noi ancora siamo piccoli, sia per quanto riguarda la comunicazione, nazionale e internazionale, sia per quanto riguarda l’organizzazione manageriale, però sappiamo come crescere e come migliorare. Da due anni abbiamo associato due ragazze esperte di comunicazione, che ci danno una mano. Insomma stiamo cercando di realizzare qualcosa che abbia le gambe per camminare autonomamente. Sia io che Corrado Spataro stiamo cercando di creare le condizioni per lasciare l’iniziativa nelle mani di giovani netini, che ne capiscano profondamente lo spirito e che abbiano la giusta professionalità».


Καιρός: non c’è un po’ di Paolo Randazzo insegnante in questo progetto? Non si può rintracciare la sua missione educativa nel porre la cultura come faro-guida?

«Sì, certo. Già il titolo è una parola che fa parte della mia formazione culturale. In essa c’è San Paolo, c’è il mondo greco, il mondo latino, la cultura e le arti della contemporaneità secondo il magistero di Agamben. Penso che se noi riusciamo a capire e a comunicare che dentro il barocco c’è l’arte europea e la letteratura italiana, c’è il tormento della spiritualità seicentesca e c’è la prosecuzione degli studi di filosofia fino, ad esempio, alla riflessione del filosofo francese Deleuze, se riusciamo a capire e a comunicare tutto questo, saremo in grado di creare una manifestazione viva e in grado di parlare con energia positiva a chi la vorrà seguire».

Intervista a cura di Giorgio Aruta, V A Liceo Classico

Programma completo della manifestazione Καιρός che si concluderà il 23 marzo.
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