Ven. Apr 26th, 2024

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Il suono della felicità secondo il regista Diego Pascal Panarello

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Diego Pascal Panarello si racconta in maniera poetica e sognante mediante l'uso del suo scacciapensieri: un piccolo pezzo di ferro magico che, se fatto vibrare, intona le note della felicità.

Diego Pascal Panarello si racconta in maniera poetica e sognante mediante l’uso del suo scacciapensieri: un piccolo pezzo di ferro magico che, se fatto vibrare, intona le note della felicità.

Ci incuriosisce il tuo percorso personale: come nasce l’interesse per lo scacciapensieri?
Tornavo in Sicilia dopo anni di pellegrinaggio… non spirituale chiaramente. La vita mi ha portato a spostarmi dalla Sicilia quando ero un ragazzino e appena diplomato sono andato via per studio. Tornato a casa per una settimana, accade qualcosa di spiacevole: la mia ex fidanzata decide di lasciarmi e quindi io mi ritrovo tutto ad un tratto un po’ perso in Sicilia, ma proprio in quel momento difficile, di grande insoddisfazione personale e professionale, avviene l’incontro fortuito con questo strumento nel quale ripongo attenzione perché mi ha da sempre dato piacere.

Cosa ti ha spinto a ricercare le origini e a ricostruire la storia di questo strumento musicale?
Beh, praticamente iniziando a suonare lo scacciapensieri mi sono incuriosito ed è un                                                                     po’ come quando ti innamori di un ragazzo o di una ragazza e senti l’esigenza di sapere le sue origini. E io non le ho trovate perché non viene da un posto soltanto questo strumento: noi ce l’abbiamo da sempre, così come ce l’hanno in tanti da sempre. Con mia grande sorpresa, quindi, ho scoperto che lo scacciapensieri esiste in tante parti del mondo e unisce in qualche modo vari Paesi, rendendoli un po’ tutti uguali pur nel rispetto delle differenze. Funge, dunque, da ponte culturale: nel film, ad esempio, unisce l’Italia e l’estrema Siberia, paesi apparentemente molto distanti sia per chilometri che per clima.

Cosa hai provato man mano che acquisivi nuove informazioni?
Diciamo che il mio approccio allo strumento non è un approccio da studioso o da etnomusicologo. Conosco molto bene la sua storia, tuttavia quello che mi interessava non era l’aspetto etnografico, quanto l’aspetto delle esperienze che esso è in grado di regalare, quindi la funzione che ha nella vita di tutti i giorni ed il modo diverso in cui viene utilizzato da ciascuno: io, per esempio, me ne servo per fare amicizia con la gente. Grazie allo scacciapensieri ho scoperto la passione che c’è dietro questo piccolo apparecchio, che in realtà simboleggia la passione che c’è dietro ogni strumento; invito perciò tutti a coltivare le proprie passioni, che possono regalarci gratificazioni e piacere.

 E’ stato difficile imparare a suonarlo?
No, assolutamente. Per me è stata la cosa più naturale possibile e anche per questo sono rimasto colpito, dato che avevo provato con mille altri strumenti che avevo “smollato” dopo qualche secondo perché non mi ci trovavo’.

Come definisci il tuo “The Strange Sound of Happiness”?
Bella domanda. Non un semplice documentario, piuttosto un docu-Fantasy che dal road movie sconfina nel fantastico, nell’animazione e nel documentario sperimentale.

Articolo di
Asia Cappello IV A Liceo classico

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